venerdì 4 giugno 2010

Diade e natura

Quando da piccolo capitava di partecipare a qualche raduno familiare in occasione del Natale o di qualche altra festività, ero solito ricevere dai parenti i seguenti complimenti: “Come sei cresciuto”, “Sei tutto tua madre”. Mentre il primo complimento ha continuato ad essermi rivolto non oltre l’ età dei 18-20 anni (perché fu proprio allora che Madre Natura stabilì che il mio sviluppo verticale poteva essere sufficiente), il secondo complimento mi è stato ripetuto per molti più anni, sino a quando è avvenuto un fatto. In breve ho preso a domandarmi se fosse davvero bello che gli altri mi associassero all’immagine di mia madre e senza il bisogno di troppi ragionamenti ho capito che non lo era. La cosa disturbante non era tanto l’associazione con mia madre, persona deliziosa e simpatica a tutti, ma proprio l’idea di dovermi associare per forza a qualcuno. Era come girare per strada con i vestiti di un altro. Dovendo fare un’autocritica, devo ammettere che avevano ragione: ero io a scegliere di comportarmi, parlare, gesticolare come “mammina” mi aveva insegnato. Ora bisognava semplicemente tornare a essere se stessi: originali e unici come Natura crea. Leggendo il capitolo sulla Diade si può finalmente capire che ogni essere umano apprende i suoi modi logici ed emotivi all’interno del primo rapporto diadico, però in un tempo compreso tra i sei ed i diciotto anni inizia la rottura della diade aprendosi alla policultura della propria virtualità esistenziale. Quando si capisce bene questo concetto, allora si cambia. E si cambia in meglio.